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Carta e cartiere ecosostenibili? La risposta è green

Carta e cartiere ecosostenibili? La risposta è green

Carta e cartiere ecosostenibili? La risposta è green

In un mondo in cui la domanda e l’utilizzo di risorse naturali sono in costante aumento, l’attenzione alla sostenibilità è diventata imprescindibile ed è cresciuta la consapevolezza che non c’è azione della nostra vita quotidiana che non impatti sull’ambiente.

Nel nostro ambito professionale, tipografico e cartotecnico, la quotidianità è segnata dalla carta, la nostra principale materia prima.

In questo articolo, però, non vogliamo indugiare su quello che ormai tutti sappiamo in materia di benessere del pianeta ma verificare se davvero la carta è il materiale meno impattante per l’ambiente e scoprire come l’industria cartaria si sta adeguando ai nuovi criteri di sostenibilità.

Non a caso vogliamo farlo ad un mese e un giorno dall’equinozio di primavera, ovvero la data in cui si è scelto di celebrare ogni anno l’Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra.

Tra scetticismo e allarmismo: quanto inquina veramente la carta?

Da quasi 2.000 anni la carta è tra le materie prime più utilizzate, ma da quando si è posta l’attenzione sulla tutela dell’ambiente si è diffusa l’idea che anche la carta possa alterare il delicato equilibro del nostro ecosistema.

Ciò ha dato vita ad una serie di osservazioni sul tema che passano dallo scetticismo sulla riciclabilità della carta, manifestato spesso con espressioni del tipo “È inutile fare la raccolta differenziata, tanto poi buttano tutto insieme in discarica”, all’allarmismo di chi dichiara che per produrre la carta si distruggono le foreste.

Partiamo da quest’ultima catastrofistica osservazione e guardiamo alla realtà dei fatti, anche con qualche dato numerico alla mano.

L’utilizzo di legname nel mondo è solo per il 12% destinato alla produzione della carta. La deforestazione, infatti, è causata principalmente della conversione delle foreste in terreni agricoli o dalla raccolta del legno destinato ad usi diversi dalla produzione cartaria.

La maggior parte del legno destinato alle cartiere deriva invece dallo sfoltimento degli alberi, operazione necessaria affinché le foreste si rigenerino, e dagli scarti industriali di attività produttive come le segherie.

Inoltre, negli ultimi anni, le cartiere si avvalgono di rigorosi sistemi di certificazione forestale, come FSC® e PEFC, che non solo attestano la provenienza della cellulosa da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici ma controllano anche che l’intera catena di custodia si componga di soggetti certificati.

Ma cosa vuol dire “foreste gestite in modo sostenibile”?

Lo spieghiamo con un esempio concreto: nel 2019, nelle foreste certificate europee, per ogni albero tagliato ne sono stati piantati altri tre. Ciò ha determinato un aumento dell’estensione delle foreste pari all’area di 1,5 milioni di campi da calcio. L’Italia, nel suo piccolo, le ha estese per un’area pari a 6.540 Kmq. o, se preferite il paragone calcistico, per più di 4.000 campi regolamentari. Ma la sostenibilità di cui si parla in questo caso non riguarda solo gli alberi ma è anche sociale, perché i protocolli di controllo salvaguardano anche il benessere dei lavoratori e delle comunità che vivono in quei territori.

La carta, vincente per l’economia

Qualcuno a questo punto potrebbe obiettare che se da un lato la carta ha un’origine green resta il fatto che per trasformare la cellulosa in materiale cartaceo vero e proprio occorre un processo di lavorazione che impatta sull’ambiente in modo significativo.

Ebbene, è vero.

Basti pensare che per produrre una tonnellata di carta di fibra vergine una singola cartiera di medie dimensioni consuma circa 440.000 litri d’acqua e 7.600 kWh di energia elettrica. Per farla più facile, possiamo dire che per produrre un solo foglio di carta formato A4 servono ben 10 litri d’acqua.

Però la carta serve, il mercato la richiede e i numeri lo dimostrano. Ne sono una prova gli oltre 180 chili di carta come dato di consumo annuo per abitante stimato dall’Istat nel 2022.

In quell’anno in Italia sono stati prodotti 8,7 milioni di tonnellate di carta. Di queste, il 20,3% è passato attraverso case, scuole e uffici sottoforma di libri, riviste e cancelleria, il 45% si è trasformato in cartone ondulato, il 23,2% è servito per confezionare i nostri acquisti e il 7,5% lo abbiamo consumato in fazzoletti, carta igienica e tovaglioli.

Potremmo dunque farne a meno? Certo che no.

Aggiungiamo anche che l’Italia è il secondo Paese europeo per produzione di carta dopo la Germania, con un fatturato medio annuo di oltre 15 miliardi di euro. Quello cartario è un comparto industriale che impiega quasi 20.000 addetti coinvolgendo, solo nella produzione, più di 150 stabilimenti. Ciò fa dell’industria cartaria una delle colonne portanti della produzione manifatturiera italiana.

La sfida green arriva nelle cartiere

Se è vero che l’impatto ambientale della produzione cartaria è alto, è altrettanto vero che gli sforzi delle cartiere sono concentrati sulla riduzione di questo fenomeno. Lo dimostra il sempre maggiore ricorso all’uso di fonti rinnovabili per alimentare gli impianti di produzione. Parlando di industrie “energivore” come quelle cartarie, si può ben comprendere il valore e il risultato di simili scelte.

Inoltre, le aziende cartarie sono chiamate ad affrontare un’altra sfida: il trattamento e lo smaltimento di grandi volumi di acque reflue.

La soluzione messa in atto è l’efficientamento degli impianti. Questo ha consentito di migliorare il monitoraggio dei reflui chimici, reimmettere le acque nel ciclo produttivo, filtrare i composti organici ed estrarre biogas o biometano che può essere riutilizzato all’interno dello stabilimento generando un’ulteriore riduzione dell’impatto energetico della cartiera sull’ambiente.

Inoltre, è bene evidenziare che oggi il 90% dell’acqua che si impiega nel processo produttivo è acqua di riciclo, mentre solo il restante 10% è costituito da acqua di primo impiego.

Dice il saggio: “La spazzatura di qualcuno è il tesoro di qualcun altro”

In Europa, le fibre cellulosiche vengono riciclate e riutilizzate in media 3,8 volte, e più di metà della carta destinata al consumo nasce dal riciclo della stessa.

Va detto anche che la produzione di carta riciclata, rispetto alla produzione di carta da fibra vergine, richiede alle cartiere circa il 60% in meno di energia elettrica, l’80% in meno di acqua e l’ambiente giova anche di una riduzione del 95% di emissioni di polveri e sostanze chimiche. Ecco perché è importante riporre i rifiuti di carta nell’apposito contenitore della differenziata, a dispetto di quanti erroneamente pensano che “tanto poi si butta tutto insieme in discarica” e soprattutto ad esclusivo vantaggio dell’ambiente.

Se la carta vince, nessuno perde.

Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento del tasso di riciclo della carta che si attesta intorno al 74%. Per la carta e il cartone derivanti da imballaggi e confezionamento si raggiunge addirittura l’83%, percentuale che li decreta come i materiali da imballaggio più riciclati (e riciclabili) al mondo.

Si dice che rispettare l’ambiente e gestire in modo responsabile le risorse naturali del nostro pianeta sia un nostro dovere, un compito da assolvere a beneficio delle future generazioni.

Senza dubbio è corretto, ma bisogna andare oltre.

Bisogna riconoscere che, più che un dovere, vivere in un ecosistema sano ed equilibrato è un nostro insindacabile diritto, ma soprattutto che non si tratta solo di un investimento per il futuro ma di una necessità attuale, immediata, presente.

Siamo su questo pianeta e giochiamo tutti la stessa partita, ma solo con le nostre scelte di responsabilità condivise possiamo fare un gioco di squadra in cui vincono tutti.

 

Approfondimenti

La carta fa male all’ambiente?

La carta prodotto sostenibile

L’industria del carta e il gas naturale

Scegliere la certificazione FSC. Un valore aggiunto

Verità e leggende metropolitane. Vero/Falso

Verità e leggende metropolitane nel mondo della stampa

Verità e leggende metropolitane nel mondo della stampa

Nel nostro lavoro, come in molti altri, non è raro trovarsi a dover valutare opinioni contrastanti sullo stesso argomento.
Per questo abbiamo deciso di mettere a fuoco le verità e le tante leggende metropolitane che girano intorno al mondo della stampa.
Lo faremo con il sistema del vero/falso rispetto ad affermazioni vecchie e nuove che il passaparola negli anni ha restituito come verità assolute.

La risoluzione delle immagini per la stampa offset deve essere 300 dpi

Vero. Cominciamo col dire che oggi, con i processi di pre-stampa interamente digitali, è più corretto per le immagini riferirsi ai PPI (Pixel per pollice) che non ai DPI (punti per pollice).
Il numero 300 va però inteso come valore di massima e non assoluto e si riferisce alla dimensione finale della stampa e alla frequenza del retino utilizzata.

Il valore della risoluzione è infatti correlato alla retinatura o lineatura utilizzata per stampare le immagini. Il rapporto tra la risoluzione dell’immagine e la frequenza del retino determina la qualità dei particolari nell’immagine stampata.

Per produrre un’immagine mezzatinta, solitamente si imposta una risoluzione dell’immagine pari alla frequenza di retino moltiplicata per 1,5 o 2. La retinatura o frequenza di retino viene misurata in linee per pollice (lpi). Maggiore è la risoluzione del dispositivo di output, maggiore è la frequenza di retino che si può utilizzare cioè la quantità di linee per pollice che si possono utilizzare. Di seguito alcuni esempi di retinatura:

  • 65 lpi: retinatura grossolana, per la stampa commerciale di bassa qualità;
  • 85 lpi: retinatura media, per esempio per la stampa dei quotidiani;
  • 133 lpi: retinatura di buona qualità, per esempio per la stampa di riviste e periodici;
  • 177/200 lpi: retinatura di alta qualità, per esempio per la stampa di cataloghi e libri d’arte.

Ne consegue che, un’immagine di 3000×4000 pixel (base x altezza) a 300 ppi potrà essere stampata in alta qualità a 177 lpi nella dimensione fisica massima di 25×33 cm.

La stampa digitale sostituirà completamente la stampa offset

Falso. Forse è il luogo comune più diffuso perché ha alla base non solo il riferimento alla tecnica di stampa ma all’intero processo produttivo.

È innegabile che sulle macchine digitali il processo di pre-stampa è più immediato. Basti pensare che, per il riscontro visivo del risultato finale, la prova di stampa può essere già la prima copia. Inoltre i vantaggi in termini di costi, per le basse tirature, sono evidenti e aumentano l’appeal della stampa digitale ma il formato di stampa spesso vincola le cadute macchina e la scelta del tipo di finitura.

Va detto, però, che in termini di costi e di sostenibilità ambientale la stampa offset ha fatto notevoli passi avanti. Le macchine di ultima generazione hanno ridotto al minimo lo spreco di fogli per l’avviamento e, grazie al cambio lastre automatico, bastano ormai pochissimi minuti per il cambio lavoro. Le lastre senza sviluppo e gli inchiostri a base vegetale, poi,  rendono il processo di stampa sempre più sostenibile in termini ambientali.

Noi siamo convinti che la coesistenza dei due sistemi è una grande opportunità nel settore grafico, lasciamo allo stampatore e alla sua esperienza la possibilità di scegliere in relazione al lavoro il meglio per la sua azienda e per i suoi clienti.

Il risultato della stampa dipende solo dalla macchina

Falso. Nella stampa sono tre gli elementi fondamentali e imprescindibili: la macchina, il supporto e l’operatore.

La macchina da stampa deve sempre essere nella condizione di raggiungere l’obiettivo prefissato impiegando il minimo delle risorse necessarie.

Il supporto che viene classicamente ricondotto a:

  • carte patinate (lucide e opache) che assorbono meno inchiostro mantenendo i colori più brillanti e le immagini più nitide;
  • carte naturali molto porose per le quali si consiglia l’utilizzo di inchiostri ossidativi per velocizzare l’essiccazione e ridurre la penetrazione;
  • materiali plastici per i quali è consigliato l’utilizzo di inchiostri UV.

L’operatore è ancora a nostro avviso il deus ex machina della stampa. È vero che sempre più funzioni, che prima erano a totale appannaggio dell’operatore, ora sono state demandate alle macchine attraverso forme di automatismi sempre più spinti. È vero che per supportare l’occhio oggi esistono sofisticati strumenti di misura a bordo macchina per il controllo del colore e delle densità. Ma nulla ancora può sostituire del tutto il fattore umano. Non è possibile fare a meno dell’esperienza, della professionalità e della capacità di problem solving di un operatore specializzato.

Conclusioni

Speriamo, con questa piccola rassegna sulle verità e sulle leggende metropolitane nel mondo della stampa, di avervi aiutato a fare chiarezza. Per ulteriori approfondimenti vi suggeriamo i seguenti link:

Italia Grafica – La risoluzione ottimale per i contesti d’uso

Italia Grafica – Come cambiano le macchine offset

Ferie 2023

Ferie 2023

Ferie 2023

 
Anche quest’anno e anche per noi sono arrivate le ferie! 🏖🏖
Dall’11 al 27 agosto saremo in vacanza!
Il 28, di buon mattino, torneremo operativi.
Ma adesso non ci vogliamo proprio pensare! 😎
Anzi vogliamo solo augurare bellissime vacanze a tutti voi, oltre che a noi!
 
Ferie 2022

Ferie 2022

Ferie 2022

Come da tradizione, sempre più o meno in questo periodo, vi lasciamo per qualche giorno.
Annunciamo ufficialmente – che squillino le trombe – dal 13 al 28 agosto chiuderemo il nostro opificio e ci disperderemo in varie località più o meno amene! 😎
Il 29 agosto torneremo più belli e pimpanti di prima, forse anche meno accaldati, riaccenderemo tutte le macchine e ricominceremo a produrre le meraviglie che ci commissionerete!
Nel frattempo auguriamo di vero cuore buone vacanze a tutti voi!
Ferie 2021

Ferie 2021

Ferie 2021

Stiamo con voi fino al 13 agosto.
Poi apriamo una parentesi e dal 14 al 29 ci daremo – quasi sicuramente – alla pazza gioia (sempre con la dovuta cautela).
Il 30 agosto saremo di nuovo qui, sempre in via Prospero Favier 10, in mezzo ai colori e ai cartoni, tra una macchina che stampa e una che taglia.
Insomma nulla muta o tutto torna, come preferite!
Intanto buone vacanze a tutti voi!
Il pdf croce e delizia dei tipografi

Il PDF, croce e delizia delle tipografie

Il PDF, croce e delizia delle tipografie

05/08/2021 – Tutto comincia con il PDF, croce e delizia delle tipografie. Da quando è nato negli anni 90, il PDF ha fatto la felicità dei tipografi. Un unico file, leggibile su qualsiasi dispositivo e con qualsiasi sistema operativo, ma soprattutto indipendente dal software con il quale è stato generato.
Il PDF si trova, ormai, all’inizio di qualunque flusso di lavoro di stampa. Dalla sua accuratezza dipendono la velocità e la precisione della catena di produzione. È importante, quindi, che il PDF sia ben costruito, per non provocare rallentamenti o addirittura errori a catena su tutte le fasi successive del lavoro.
Negli ultimi 20 anni, sono stati compiuti molti sforzi per implementare le funzioni di controllo e di correzione automatiche sui PDF attraverso l’aggiornamento di software (es. Adobe Acrobat Pro) spesso già nella disponibilità delle aziende grafiche, degli studi grafici e delle redazioni.
Solo gli stampatori, però, ne hanno riconosciuto l’effettivo valore. Sono infatti pochi, quelli che i PDF li creano e li inviano in stampa, che hanno sentito la necessità di approfondire queste tematiche.
Indagini svolte da esperti del settore, mostrano come, i problemi che si riscontrano all’apertura degli esecutivi di stampa, siano sempre gli stessi da 20 anni a questa parte.

Quali sono i problemi sui PDF, croce e delizia delle tipografie?

I problemi con i quali gli operatori di prestampa si confrontano quasi quotidianamente sono sostanzialmente di due tipi:

  • problemi o meglio errori insiti nella generazione dei PDF e la cui responsabilità è appunto di chi li crea;
  • problemi legati alla capacità dei RIP di interpretarli e in questo caso la responsabilità è dello stampatore e delle sue attrezzature.

Esiste poi una condizione che aumenta il coefficiente di difficoltà nel controllo dei PDF ed è la loro visualizzazione sullo schermo. Se i programmi utilizzati a questo scopo non sono correttamente impostati a livello di preferenze, si visualizzeranno risultati diversi a fronte dello stesso file.
Un esempio è quello degli elementi bianchi posti in sovrastampa su altri colori che, anche se visibili sullo schermo, risulteranno invisibili in stampa.

E vediamoli questi errori sui PDF:

  • Immagini a bassa risoluzione
  • Elementi RGB senza profilo ICC abbinato
  • Abbondanza per il rifilo mancante o insufficiente
  • Errori di sovrastampa
  • Presenza di tinte piatte non previste
  • Colore Registrazione (nero composto in CMYK) usato in modo non corretto
  • Font non incorporati

Guardando questo elenco una cosa salta subito agli occhi: sono errori apparentemente impensabili per un tecnico esperto. È fondamentale, quindi, non sottovalutare l’importanza, per gli operatori, i tecnici e i grafici, di una formazione e informazione continua che garantisca alti livelli di competenza e professionalità.
Oggi, grazie all’evoluzione dei programmi di Preflight, le tipografie possono porre rimedio a buona parte di questi errori (tinte piatte, colore Registrazione). Ma altri come (abbondanze, risoluzione delle immagini) richiedono necessariamente interventi manuali e il rinvio del PDF con aggravio di tempi e costi.
Sul fronte della gestione del colore, sappiamo che la stragrande maggioranza degli stampatori si è dotata di workflow evoluti che sanno gestire il passaggio da colore da RGB a CMYK. Ma per ottenere la migliore conversione colore possibile verso l’output previsto, il PDF deve avere al suo interno gli elementi da convertire associati ai corretti profili ICC.
Per quanto riguarda i caratteri, la loro mancanza all’interno dei PDF è stata da sempre una spina nel fianco degli stampatori. Oggi, però ci vengono in aiuto software, come ad esempio Adobe InDesign, che non consentono di generare PDF senza font incorporati.

Quali rimedi adottare?

Per prevenire la presenza di errori, le tipografie possono affidarsi a strumenti didattici e a soluzioni software.

Gli strumenti didattici

Gli strumenti didattici più diffusi, sono probabilmente i capitolati tecnici di fornitura che, vengono messi a disposizione dei clienti e nei quali sono descritti i requisiti che i file devono soddisfare.
Meno frequenti, ma altrettanto utili, sono quelle brevi pubblicazioni cartacee o digitali che lo stampatore mette a disposizione dei clienti e che forniscono nozioni tecniche, suggerimenti e consigli su argomenti specifici.

I software

La soluzione software per eccellenza è il Preflight, serie di comandi che consentono l’analisi dettagliata di un file sulla base di un insieme personalizzabile di impostazioni. Prima, questa fase cruciale della prestampa, era eseguita solo sui PDF, adesso è possibile attivarla anche all’interno di alcuni programmi, come per esempio InDesign, che con la “Verifica Preliminare” consente ai grafici di intercettare, già in fase di creazione del file, gli errori più comuni. In entrambi i casi, però, è fondamentale, sapere come impostare i parametri e capire i messaggi che il programma restituisce.

Il reparto prestampa di una tipografia, come lavora?

Nella nostra tipografia, quello della Prestampa è uno dei reparti dei quali siamo più orgogliosi e per il quale otteniamo grandi attestati di stima dai nostri clienti. I nostri operatori sono sempre disponibili a fornire ai clienti tutto il supporto tecnico necessario, in presenza, telefonicamente o via mail.
Si lavora principalmente con i file PDF ma è importante saper gestire anche i file nativi provenienti dai più conosciuti software grafici.
Le nostre procedure prevedono che un PDF, prima di essere avviato alla produzione, venga controllato sia dal punto di vista della correttezza tecnica (risoluzione immagini, profili ICC, font), che di quella strutturale, legata cioè al prodotto da stampare.
I controlli di struttura riguardano, per esempio, l’abbondanza per il rifilo che può variare a seconda del tipo di prodotto (cartolina, opuscolo spillato, libro brossurato) e i pendant cioè l’accostamento di due aree della medesima immagine su due parti diverse dello stampato come le pagine a fronte o i lati di una scatola.
Solo alla fine di questi controlli, che avvengono in continuo collegamento con i clienti e i loro grafici, l’esecutivo può considerarsi idoneo al passaggio verso l’incisione delle lastre e la trasformazione del processo da digitale in analogico.

Approfondimenti

Verifica preliminare su Adobe Acrobat Pro

Mauro Boscarol, Nozioni base di prestampa digitale

Gestone colore - Diagramma Munsell

La gestione colore

La gestione colore

Senza una corretta gestione colore, quante volte i creativi vedranno frustrate le loro aspettative sul risultato cromatico in stampa? Tantissime. L’importanza della gestione colore nelle arti grafiche è tutta qui.
Per questo che è fondamentale per gli stampatori integrarla nel proprio flusso di lavoro.

Il perché di una scelta

Gli stampatori più sensibili alle implicazioni dell’evoluzione tecnologica, hanno sentito per primi, la necessità di conoscere e capire come controllare il risultato cromatico in stampa. Ma con una fase di prestampa ormai completamente digitale, le competenze e le esperienze vanno condivise con chi progetta e realizza gli esecutivi di stampa.
Noi il colore, abbiamo imparato a gestirlo e lo comunichiamo ormai da più di 10 anni. Lo facciamo sempre con lo spirito di condivisione delle informazioni che è alla base della crescita professionale.
Seguiteci, ancora una volta, in questo piccolo viaggio nella gestione colore delle arti grafiche.

Il colore e la colorimetria

Non si può parlare di gestione colore nelle arti grafiche senza approfondire due argomenti fondamentali: il colore e la colorimetria.

Il colore
Il colore è la percezione visiva generata dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina mandano al cervello quando assorbono radiazioni elettromagnetiche di determinate lunghezze d’onda e intensità.
Per rappresentare in maniera univoca il colore, il Consorzio CIE ha definito uno spazio colorimetrico, CIELab, che comprende tutto lo spettro visibile e riporta ogni colore all’interno di un grafico tridimensionale in base al posizionamento sulle coordinate piane x e y dei valori “a” (rosso-verde) e “b” (giallo-blu) integrate dal valore di luminosità “L”.

La colorimetria
La colorimetria ha lo scopo di definire il colore con valori univoci (numeri). Lo spazio CIELab descrive, quindi, ogni colore con 3 valori numerici indipendenti dal comportamento dei dispositivi di acquisizione e/o riproduzione.
I colori che possono essere riprodotti nelle arti grafiche, si collocano all’interno di spazi colore più ristretti del CIELab che sono RGB e CMYK. Questi spazi colore, sono però influenzati dalla periferica che li restituisce (fotocamera, monitor, stampante).

Diagramma CIE

 

Facciamo un esempio concreto.
In una foto digitale non ci sono colori, ogni pixel è rappresentato da numeri. Nello spazio colore RGB, è definito da una terna di interi che, singolarmente, possono assumere un valore compreso tra 0 e 255; nello spazio colore CMYK, ogni pixel è descritto da quattro numeri interi, ognuno con valore tra 0 e 100.
Solo quando l’immagine è letta da un’applicazione (come per esempio Adobe Photoshop) ed è visualizzata su un monitor o stampata, i numeri generano colori. Ed è proprio in questo passaggio che hanno origine i problemi affrontati dalla tecnologia di gestione del colore.
Chiunque visiti un ambiente in cui sono presenti più Tv a colori o monitor noterà come una stessa immagine (ovvero le medesime informazioni RGB) appaia diversa da un display all’altro. Se non è meglio precisato, infatti, i numeri 255R 0G 0B rappresentano certamente un rosso, ma su due monitor diversi potrebbe apparire più o meno saturo e luminoso oppure più tendente all’arancio o al viola.
Il colore generato dai numeri, pertanto, è device dependent, ossia dipende dall’esemplare specifico di periferica. È per questo motivo che chiamiamo numeri e non colori i valori di periferica (RGB e CMYK) e definiamo invece colore la nostra percezione e le coordinate colorimetriche (Lab o XYZ) che la rappresentano.
L’obiettivo della gestione del colore è garantire la corrispondenza cromatica su tutti i dispositivi della catena di riproduzione. Ciò si realizza stabilendo una correlazione tra i valori dei diversi spazi colore e le coordinate colorimetriche, che sono indipendenti da qualunque periferica.

Gestione colore - Tabella colorimetria

Il Color Management System

Il CMS (Color Management System) è il sistema creato per mantenere inalterata la percezione del colore di un documento grafico passando da una periferica all’altra (scanner, fotocamera, monitor, stampante, macchina da stampa).
Il sistema di gestione del colore più usato nelle tipografie è quello standard ICC che si basa sui seguenti tre elementi principali:

  1. I profili colore (ICC)
  2. Un intento di rendering
  3. Un motore di conversione colore (CMM)
I profili ICC

Sono file digitali di piccole dimensioni che contengono la descrizione dello spazio colore di riferimento e le tabelle di relazione, una per ogni intento di rendering, tra i valori dello spazio colore e le coordinate colorimetriche.
Lo standard ICC prevede diverse classi di profili: input (cioè scanner e fotocamera); monitor; output (tutte le periferiche di stampa).
Quelli di input sono profili di origine e sono quindi unidirezionali. Infatti, contengono al loro interno solo i valori dello spazio colore di riferimento abbinati alle relative coordinate colorimetriche.
I profili monitor e output, sono invece bidirezionali: contengono cioè, sia la relazione tra i valori dello spazio colore e le coordinate Lab, che quella inversa. Possono quindi essere essere utilizzati come origine e/o come destinazione a secondo del tipo di conversione che vogliamo realizzare.
Le applicazioni di grafica dispongono già di profili monitor e output standard adattabili alla maggior parte delle periferiche in uso di medio/alto livello.
Eccone alcuni esempi:

Gestione colore - Tabella Profili
Tabella profili ICC standard

L’intento di rendering

L’intento di rendering definisce la modalità che il motore di conversione (CMM) dovrà usare per gestire i colori fuori gamma durante le conversioni tra due spazi colore.
Sappiamo che le diverse periferiche, potrebbero non essere in grado di riprodurre tutta la gamma dello spazio colore di origine. Poiché il presupposto della gestione colore è quello di riprodurre tutti i colori d’origine, è necessario ricorrere a delle approssimazioni. Bisogna cioè riprodurre il colore “più vicino possibil” al gamut di destinazione.
L’intento di rendering fornisce le indicazioni al modulo CMM per convertire questi colori da una periferica a un’altra secondo due tecniche diverse: la compressione della gamma che riporta il gamut di origine completamente all’interno del gamut di destinazione mantenendo la relazione cromatica tra i colori (mapping); il ritaglio della gamma che riporta tutti i colori di origine fuori gamut ai colori più vicini del gamut di destinazione (clipping).

Gestione colore - Rendering e gamut

Gli intenti di rendering che derivano da queste tecniche sono descritti di seguito e possono essere usati in base alle specifiche esigenze di gestione delle immagini.

Intento percettivo
Mantiene le relazioni tra i colori scalando l’intero gamut di origine in quello di destinazione. Così tutti i colori dell’immagine vengono modificati, non solo quelli fuori gamma, in modo che mantengano la loro relazione cromatica e il loro rapporto visivo. Questo intento è generalmente consigliato per le immagini fotografiche.

Intento di saturazione
Riproduce la saturazione relativa dei colori da gamma a gamma, fornendo i colori più brillanti e nitidi in assoluto. Viene usato nella grafica non fotorealistica dove è più importante che il colore sia vivo, saturo, piuttosto che sia esattamente uguale all’originale. È utile nella conversione di elaborati grafici vettoriali con elementi molto brillanti.

Intento colorimetrico relativo
Riporta i colori fuori gamma al colore più vicino possibile della gamma di destinazione e attraverso la mappatura del punto di bianco d’origine a quello di destinazione, allinea tutti gli altri. Questo intento è particolarmente consigliato nelle conversioni tra spazi colore dello stesso tipo con piccole differenze di gamut.

Intento colorimetrico assoluto
Abbina i colori contenuti nella gamma, senza variare il punto di bianco del profilo di origine e riporta i colori fuori gamma alla tonalità più simile. Particolarmente adatto per la produzione di prove colore a monitor o in stampa poiché consente di mantenere inalterato il punto di bianco di origine.

Il motore di conversione (CMM)

Il motore di conversione colore (CMM) è un software che mette in relazione profili e intenti di rendering e attua la conversione colore verso la periferica di destinazione.
Il più comune nelle arti grafiche per la gestione colore è l’Adobe Color Engine  (ACE) ma molti produttori come Kodak, Fuji, o Agfa hanno preferito, sempre appoggiandosi allo standard ICC (standard aperto), sviluppare propri moduli CMM proprietari.

Gestione Colore - CMM

La nostra gestione colore

Le nozioni acquisite su colore e colorimetria sono state il presupposto necessario per introdurre la gestione colore nel nostro flusso di lavoro e per caratterizzare le nostre macchine da stampa secondo gli standard ISO.
Conoscendo infatti il profilo di output delle nostre macchine da stampa, possiamo simulare il risultato delle loro produzioni, sui monitor e/o sui sistemi di proofing anche loro opportunamente calibrati. Siamo cioè in grado di:

  • fornire una prova colore affidabile ottenuta da stampanti anch’esse calibrate e impostate con lo stesso profilo di output delle macchine da stampa;
  • garantire la rispondenza tra una immagine visualizzata su di un monitor calibrato e la relativa stampa finale, poiché il profilo di ciascuna immagine viene correttamente interpretato e infine convertito durante la produzione delle lastre.

Oltre al complessivo miglioramento della conversione, possiamo inoltre intervenire, fino al momento immediatamente precedente l’incisione delle lastre, sulle impostazioni di conversione per adattare i file di stampa ai diversi supporti (patinate o usomano), o modificare gli intenti di rendering in funzione delle diverse tipologie di soggetti da riprodurre.
Grazie alla corretta applicazione della gestione colore all’interno del nostro flusso di lavoro, i nostri clienti possono scegliere se:

  • continuare a fornire immagini in CMYK senza alcuna modifica delle abitudini di lavoro. In questo caso il vantaggio consisterà solo nella possibilità di fruire di sistemi di proofing affidabili capaci di simulare il risultato di stampa;
  • lavorare in RGB rispettando gli spazi colore nativi dei singoli elementi che compongono l’esecutivo, senza doversi più preoccupare dei risultati di conversioni ottenuti attraverso i propri software spesso non correttamente impostati.

L’unica accortezza che viene richiesta, in entrambi i casi, è quella di mantenere i profili colore incorporati nelle immagini e, nel caso di immagini prive di profilo, incorporare in fase di registrazione quello dello spazio colore del software che si sta utilizzando.

Approfondimenti

Piccolo glossario

La nostra gestione colore

I nostri guru:

Mauro Boscarol

Taga Italia

Tavola dei caratteri diNovarese

Sai quale font scegliere per il tuo testo?

Sai quale font scegliere per il tuo testo?

Quale font scegliere per il testo? Questa è la domanda che tutti ci facciamo quando diamo il via a un progetto grafico, sapendo che quella del font da usare sarà una scelta fondamentale.
L’utilizzo di un carattere invece che un altro o l’abbinamento di più caratteri, infatti, influenzerà e non poco la presentazione del progetto.

La classificazione e il prontuario degli accostamenti

Nel 1957 Aldo Novarese, il più prolifico creatore italiano di alfabeti, ha proposto una classificazione dei caratteri tipografici nei gruppi: lapidari, medievali, veneziani, transizionali, bodoniani, scritti, ornati, egiziani, lineari, fantasie.
La sua classificazione partiva dall’individuare nelle grazie il dettaglio formale distintivo di ogni gruppo.
Ecco che il tratto terminale di una lettera alfabetica e quindi la forma della grazia, diventa l’elemento determinante per distinguere il disegno di un carattere e per darne una classificazione.
Nella foto proponiamo il prontuario degli accostamenti che il Designer piemontese ha messo a punto per facilitare la scelta e l’accostamento tra i diversi tipi di carattere.

Ma adesso andiamo a conoscerli meglio …

Lapidari

I lapidari sono i caratteri nati per le iscrizioni dei monumenti (da qui il nome Lapidario). Il disegno ha origine dal quadrato capitalis quadrata dell’epoca di Augusto e di Traiano e imita lo stile delle scritte realizzare a scalpello sui monumenti romani.

Altri font del gruppo:  Trajan,  Augustea e Nova-Augustea, disegnato proprio da Aldo Novarese.
Possibili abbinamenti: Fette Fraktur, Linotext.

Medievali

I medievali o gotici sono i caratteri forse i più usati nelle insegne e nei sottobicchieri delle birrerie tedesche. Provate a pensare all’etichetta della Warsteiner o della Fransiskaner.
Hermann Hesse voleva pubblicare con questo carattere il suo libro Narciso e Boccadoro, ma dovette cedere al suo editore che riteneva il gotico difficile da leggere per le giovani generazioni.

Altri font del gruppo: Fette Fraktur, Linotext, Old English.
Possibili abbinamenti: Trajan, Garamond, Times, Bodoni, Algerian, Futura.

Veneziani

Di questo gruppo, il carattere più famoso utilizzato in editoria, è sicuramente il Garamond disegnato nel 1500 dallo stampatore Claude Garamond.
Non dobbiamo pensare però che la sua vera origine sia francese. Claude Garamond, in realtà, venne ispirato dai punzoni dell’incisore bolognese Francesco Griffo che lavorava per il famoso editore/stampatore veneziano Aldo Manunzio.

Altri font del gruppo: Galliard, Sabon, Caledonia.
Possibili abbinamenti: Fette Fraktur, Kuenstler, Algerian, Futura.

Transizionali

Sono chiamati così i caratteri che segnano la transizione tra i caratteri “romani antichi” e i “romani moderni”.
Sono molto simili ai Veneziani, con i quali spesso vengono confusi, ma hanno le grazie meno accentuate e il vertice inferiore completamente piatto. Probabilmente il più famoso di questa famiglia è il Baskerville disegnato dall’inglese John Baskerville nel 1700.
Sapete perché è uno dei gruppi di font preferiti dagli stampatori? Perché, quando si utilizzavano i caratteri a piombo, questo disegno resisteva di più all’usura nelle lunghe tirature e quindi non era necessario rifare tante volte le matrici.
Di questo gruppo fa parte anche il New Century Schoolbook, il più utilizzato nell’editoria scolastica. Forse meno elegante dei suoi cugini, è ritenuto però, molto più leggibile.

Altri font del gruppo:  Caslon, Times, Palatino, Novarese.
Possibili abbinamenti: Fette Fraktur, Kuenstler, Algerian, Futura.

Bodoniani

Già nel nome si nasconde il carattere più rappresentativo: il Bodoni. Giambattista Bodoni, forse il più famoso incisore italiano di punzoni, crea il Bodoni alla fine del ‘700 e stavolta l’origine non è italiana bensì francese.
Questo stile, infatti, si fa risalire a Fermin Didot, disegnatore dell’omonimo font e a suo padre.
A causa dell’occhio piccolo e dalla rigidità delle forme risulta di difficile lettura nei testi lunghi ma è molto apprezzato per le titolazioni, le pubblicità e i frontespizi dei libri.
Piccolo suggerimento: i caratteri bodoniani hanno bisogno di spazio e di molto bianco nella pagina, danno il meglio, dunque, se utilizzati con interlinee ampie.

Altri font del gruppo: Walbaum, Fenice, De Vinne.
Possibili abbinamenti: Fette Fraktur, Kuenstler, Algerian, Futura, Marker Felt.

Scritti o calligrafici

Questi caratteri sono detti anche calligrafici per la somiglianza con la scrittura a mano.
In relazione al tipo di strumento di scrittura che imitano, penna d’oca, stilografica o biro, possono avere caratteristiche molto eterogenee. Essenzialmente però li possiamo suddividere in calligrafici legati come il Kuenstler o non legati come l’Art Brush.

Altri font del gruppo: Zapfino, Snell Roundhand, Handwriting, Bradley Hand.
Possibili abbinamenti: Trajan, Garamond, Baskerville, Bodoni, Algerian, Clarendon, Futura, Marker Felt.

Ornati

Gli ornati o amanuensi sono quei caratteri con decorazioni, ombreggiature e anche figure floreali che trasformano la scritta in un vero e proprio fregio.
Nel periodo liberty ne sono stati disegnati parecchi, ma poiché sono considerati poco leggibili, vengono utilizzati solo a scopo decorativo, quasi esclusivamente come capilettera e sempre abbinati ad altri caratteri.

Font del gruppo: Algerian, Circus, Zenone.
Possibili abbinamenti: Tutti i caratteri degli altri gruppi.

Egiziani

Gli egiziani sono riconoscibili dalle grazie molto accentuate ad angolo retto e sono caratteri molto pesanti che si leggono da grandi distanze. Sono quelli che forse ci ricordano di più i caratteri delle macchine da scrivere, uno dei più famosi, infatti, è l’American Typewriter.

Altri font del gruppo: Egizio, Memphis, Clarendon, Rockwell.
Possibili abbinamenti: Kuenstler, Algerian, Futura, Marker Felt.

Lineari

I cosiddetti moderni. Si tratta di caratteri molto leggibili e facilmente riconoscibili per la totale assenza di grazie e filetti e per l’armoniosità delle lettere tonde.
Pensando a un libretto di istruzioni o alla segnaletica stradale, quale carattere vi viene in mente? Certo, l’Arial o l’Helvetica!
Tra i lineari quello che probabilmente ha più storia è il Futura. Disegnato da Paul Renner è, infatti, uno dei caratteri più utilizzati al mondo. Alla base delle campagne pubblicitarie della VolksWagen e simbolo della HP a noi però piace ricordarlo come il carattere tipografico lunare. Il Futura infatti è il carattere scelto per incidere la frase contenuta nella targa lasciata sulla Luna dagli astronauti dell’Apollo 11.

Qui alcuni uomini provenienti dal pianeta Terra misero piede sulla Luna per la prima volta nel luglio del 1969. Veniamo in pace a nome di tutta l’umanità”.

E poi chi non ricorda la locandina del capolavoro 2001 Odissea nella spazio?

2001 Odissea nello spazio
Locandina del film: 2001 Odissea nello Spazio

Altri font del gruppo: Avant Garde,Eurostile, Franklin Gothic, Optima, Verdana, Univers.
Possibili abbinamenti: Tutti i caratteri degli altri gruppi.

Fantasie

Questa categoria è l’ultima forse perché raggruppa tutto ciò che non è classificabile in quelle precedenti.
Sono i caratteri ai quali è difficile attribuire una caratteristica costruttiva, Aldo Novarese riteneva che la particolarità fosse data dai terminali delle aste inclinati. A causa della scarsa leggibilità, come gli Ornati, vanno sempre abbinati ad altri caratteri.
La grafica americana è ricchissima di questi caratteri inventati senza nessuna regola costruttiva, come per esempio il Marker Felt o il Papyrus

Altri font del gruppo: Noteworthy, Comics Sans.
Possibili abbinamenti: Bodoni, Kuenstler, Algerian, Clarendon, Futura.

Approfondimenti

Se ancora non sai quale carattere scegliere per il tuo testo, ti suggeriamo di approfondire l’argomento visitando i seguenti link:

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Chi legge un libro o un catalogo non si limita più a considerare la bellezza delle immagini o la sagacia del testo.

Chi sceglie un prodotto sullo scaffale, sa che deve farlo guardando anche alla sostenibilità del pack che lo contiene. Consumatori che vogliono fare la loro parte per proteggere la natura, con l’unica arma che hanno a disposizione, premiare le aziende che fanno scelte green e che investono nella salvaguardia dell’ambiente per garantire un futuro al nostro pianeta.

E dunque, il valore aggiunto di questo piccolo logo, sta proprio nella sua capacità di trasmettere, al consumatore, l’impegno di tutta la filiera nell’utilizzare responsabilmente una delle risorse più importanti per la vita del nostro pianeta, le foreste.

L’utilizzo del logo FSC® è regolato da un sistema di certificazione internazionale in grado di garantire che la materia prima usata per realizzare un prodotto in legno o carta, provenga da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.
La garanzia sta proprio nel tracciamento della filiera durante le fasi di trasformazione e commercializzazione. Ogni passaggio costituisce un anello di una catena che custodisce, appunto, l’origine del legno e dei suoi derivati fino all’utilizzatore finale.

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